Il cinema per l'arte.

Disegno del basamento della statua del bodhisattva Cenresig costruita per la Sala del Trono per il set del film 'Kundun'C'è un posto in Marocco, Ouarzazate, alle porte del Sahara, dove nel 1996 negli "Studio Atlas", uno dei luoghi sacri del cinema marocchino, si sono costruite e girate tutte le scene del film Kundun di Martin Scorsese. Io firmavo scenografia e costumi.

Poiché  il film racconta la vita del Dalai Lama in Tibet, la scenografia doveva ricreare l'atmosfera tibetana. Per questo, per giorni e giorni, mi sono dedicato insieme ai miei collaboratori alla realizzazione di un grande Buddha d'oro, perché d'oro era la Sala del Potala.

Era curioso vedere come il Tibet si mescolasse agli elementi della cultura berbera, al punto di non capire cosa appartenesse a chi: le culture essenziali si avvicinano più velocemente alla verità del vivere quotidiano.

Il film fu distribuito nel mondo, ma le scene restarono a Ouarzazate. E il Buddha con loro, fino al giorno in cui arrivò la richiesta di prestarlo alla città di Milano che si preparava ad accogliere ufficialmente il Dalai Lama.

Sapere che quel Buddha avrebbe potuto continuare a vivere anche altrove è stato per noi fonte di gran soddisfazione. Come soddisfacente è sapere che il cinema, con le sue produzioni, può contribuire a valorizzare un percorso culturale grazie alla sua capacità di dare corpo alle visioni. Un augurio sincero perché a questo seguano altri viaggi da e per l'universo tibetano.

Dante Ferretti

 

 Destinazione Buddha.

MILANO. Quando i tecnici hanno cominciato a smontarlo e a preparare le casse per portarselo via dal Marocco, un nugolo di berberi è comparso a dorso di cammello attorno agli studios cinematografici di Ouarzazate. Gridavano: «Ciao Buddha, torna presto». E hanno continuato a gridare mentre giravano, sempre a dorso di cammello, attorno alla statua di legno dorata del buddha Cenresig, realizzata per il film di Martin Scorsese Kundun nella Cinecittà marocchina in mezzo al Sahara. Sono musulmani di mente aperta in questo deserto che, per ragioni politiche (in Tibet il set è stato proibito) e scenografiche, ha visto sorgere dal nulla un tempio tibetano e ha ospitato come gente di casa 575 attori e comparse con gli occhi a mandorla provenienti dalle pendici dell'Himalaya.

Quando i monaci dai lunghi abiti viola e le teste rasate, durante le pause delle riprese, recitavano i loro mantra, i locali li circondavano rispettosamente, contagiati da quella scenografica ritualità fatta di suoni cupi e movimenti aggraziati. E fin dall'inizio furono attratti dalla grande statua che troneggiava sul set: « È l'immagine di Cenresig» gli spiegavano «il Dio della Compassione che per noi tibetani si è incarnato nel Dalai Lama ».

Non sapevano, i berberi di Ouarzazate, che altri musulmani ben meno tolleranti distrussero duemila anni fa, in India, migliaia di templi e statue, comprese quelle di Cenresig, conosciuto là col suo nome sanscrito di Avalokitesvara. Anche a Ouarzazate il Buddha della compassione è finito a pezzi, sezionato però stavolta da mani esperte, disaggregato come in un rituale tantrico, imballato in grandi container e trasportato, a spese di una compagnia di armatori italiani, fino a Genova. Destinazione finale Milano, dove ricomparirà tra qualche giorno, rimontato e restaurato dagli stessi esperti di maquillage cinematografico assoldati dallo scenografo Dante Ferretti e da Scorsese, al centro della Rotonda della Besana. L'ex Lazzaretto dell'Ospedale Maggiore, dove furono ambientate alcune tra le pagine più suggestive dei Promessi Sposi, è stato, infatti, trasformato in un "gömpa" tibetano, un tempio ottagonale incastonato nell'antica struttura a forma di croce greca le cui quattro braccia ospiteranno una grande mostra sul Tibet al cui centro un altro ottagono, simbolo dell'Ottuplice sentiero di salvezza indicato dal Buddha, realizzato da Michelangelo Pistoletto, diventerà il nuovo trono di Cenresig.

La statua del bodhisattva CenresigA inaugurare il 20 ottobre la mostra è un ospite d'eccezione: il Dalai Lama stesso, l'uomo che di Cenresig è il volto umano, e che della compassione ha fatto nella realtà la bandiera della sua vita tanto da conquistarsi il premio Nobel per la pace. Gli organizzatori della mostra hanno giocato sulla sua doppia immagine di uomo e di divinità per allestire attorno alla statua che lo rappresenta un gioco «di richiami tra la terra e il cielo», come li definisce l'ideatrice Sonia Deotto. Ecco alla base di Cenresig il bianco del loto, fiore delle paludi fangose, che simboleggia la purezza della natura divina inattaccabile dalle contaminazioni mondane. Ed ecco i colori degli elementi corrispondenti ad altre entità sovramondane e alle direzioni cardinali: l’azzurro dello spazio, il rosso del fuoco, il giallo della terra. Colori che nell'opera di Pistoletto rappresentano gli stati di calma e movimento caratteristici della natura della mente umana, quieta nella sua essenza, perennemente in moto attraverso i pensieri. Il visitatore è accolto nel piccolo cosmo di Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama e della sua gente, attraverso una serie di oggetti d'arte, pitture (thang-ka) dal XII al XX secolo, oggetti d'uso, rituali e strumenti musicali, una tenda nomade da cerimonia, un mandala di sabbia colorata preparato granello per granello durante l'esposizione. Per festeggiare i dieci anni del Nobel per la pace ci saranno anche altrettanti ritratti inediti del Dalai di Henry Cartier-Bresson e di sua moglie Martine Frank, oltre alle immagini realizzate in Tibet da Fosco Maraini negli Anni 30 e 40.

A rendere omaggio al Dalai Lama ci saranno praticamente tutte le autorità locali e nazionali-Comune e Provincia di Milano, Regione Lombardia, ministero della Cultura-che hanno creato attorno al suo arrivo un evento degno della recente accoglienza a New York dove, al Madison Square Garden e al Central Park, più di 200 mila persone erano accorse ad ascoltare i suoi insegnamenti spirituali. Anche a Milano, del resto, Cenresig-Dalai offrirà i suoi consigli per la salute della mente umana in uno spazio come il Palalido, che non sarà il Madison, ma che dispone pur sempre di alcune migliaia di posti già in gran parte prenotati, comprese le "sedie" da mezzo milione vicine al trono del grande Lama destinate a discepoli ricchi che vorranno provare l'emozione di stare vicino all’involucro umano" assunto in questa fine Millennio dal pio della Compassione per proteggere ciò che resta della religione del Tetto del mondo.

Raimondo Bultrini

Da "Il Venerdì di Repubblica" n° 604 del 15 ottobre 1999

 

 

 Orit Drori,

Temp. non disp. 

Destinazione Buddha

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Del volto del Buddha...

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